UN CASO SPECIALE PER LA GHOSTWRITER (A. BASSO)

il
17 febbraio 2020
Di Vani Sarca sentivo proprio la mancanza. Come di quella cara amica che è lontana e che gli impegni ti permettono di contattare solo di rado. Fortuna che Alice Basso ci ha permesso di trascorrere di nuovo qualche giorno insieme. E come al solito, amici lettori, Vani mi ha stravolto la settimana. Ho riso (tantissimo), riflettuto (più del dovuto) e versato persino una lacrimuccia (accidenti alla nuova pillola e agli sbalzi d’umore). Infilatevi le scarpe e indossate il cappotto, perché fra qualche riga avrete già voglia di correre dal libraio e prendere la vostra copia di “Un caso speciale per la ghostwriter”.

UN CASO SPECIALE PER LA GHOSTWRITER
ALICE BASSO
Data pubblicazione: 02.05.2019 Editore: Garzanti Serie: Serie Vani Sarca  Finale: Autoconclusivo Genere: narrativa contemporanea
Trama: Per Vani le parole sono importanti. Nel modo in cui una persona le sceglie o le usa, Vani sa leggere abitudini, indole, manie. E sa imitarlo. Infatti Vani è una ghostwriter: riempie le pagine bianche di scrittori di ogni genere con storie, articoli, saggi che sembrino scaturiti dalla loro penna. Una capacità innata che le ha permesso di affermarsi nel mondo dell’editoria, non senza un debito di gratitudine nei confronti dell’uomo che, per primo, ha intuito la sua bravura: Enrico Fuschi, il suo capo. Non sempre i rapporti tra i due sono stati idilliaci, ma ora Vani, anche se non vorrebbe ammetterlo, è preoccupata per lui. Da quando si è lasciato sfuggire un progetto importantissimo non si è più fatto vivo: non risponde al telefono, non si presenta agli appuntamenti, nessuno sa dove sia. Enrico è sparito. Vani sa che può chiedere l’aiuto di una sola persona: il commissario Berganza. Dopo tante indagini condotte fianco a fianco, Vani deve ammettere di sentirsi sempre più legata all’uomo che l’ha scelta come collaboratrice della polizia per il suo intuito infallibile. Insieme si mettono sulle tracce di Enrico. Tracce che li porteranno fino a Londra, tra le pagine senza tempo di Lewis Carroll e Arthur Conan Doyle. Passo dopo passo, i due scoprono che Enrico nasconde segreti che mai avrebbero immaginato e, soprattutto, che ha bisogno del loro aiuto. E non solo lui. Vani ha di fronte a sé un ultimo caso da risolvere e fra le mani, dalle unghie rigorosamente smaltate di viola, le vite di tutte le persone cui ha imparato a volere bene.
A Vani, però, non perdono i due pacchetti di patatine al formaggio che mi ha spinta a mangiare mentre, affamata, divoravo pagine e non riuscivo a staccarmi dalla sua nuova indagine. Per solidarietà – quella che a un’amica non va mai negata – ho deciso di mandare giù le stesse schifezze e un po’ ci ho sperato che Berganza comparisse nel buio della camera a rifocillarmi di chips. Ma così non è stato. Peccato.
Il commissario, che in questo romanzo riesce a farsi amare più che nei precedenti, è un’esclusiva della ghostwriter. Nel senso che ormai è arrivato al punto di mettere da parte il suo lavoro per mettersi a sua completa disposizione e aiutarla nella ricerca disperata di nientepopodimeno che del grande capo (in tutti i sensi) Enrico Fuschi.
Io me ne vado dritta in camera mia. Il commissario non mi ferma. Dopo un tempo indefinibile, un’ora o tre o due giorni o ottantamila, entra e mi appoggia sul comodino, al buio, un sacchetto di patatine al formaggio. Lo capisco da come scricchiola.
Di Enrico, oltre al fatto che ha una testa che fa provincia, fino a questo libro sapevamo relativamente poco. Fa l’editore, ma più che dei libri gli interessa dei soldi. Ha delle manie di grandezza (e con quella testa vorrei ben vedere) e soffre di pochezza d’animo. E poi costringe Vani a scrivere futuri best seller che la ghostwriter disprezza. Però a Vani vuole bene e anche tanto. Per lei arriva persino a perdere ciò che più ama al mondo: il suo lavoro. E dal giorno in cui viene licenziato sparisce nel nulla.
Quello è il momento in cui io e Berganza ci guardiamo in faccia e iniziamo a preoccuparci. Così da venerdì ognuno di noi inaugura senza indugi la propria personale linea di azione: Berganza sfrutta con discrezione le sue risorse di sbirro, Antonia inizia a tenere le orecchie particolarmente aperte sul lavoro, e io cerco di abituarmi all’idea che Enrico sia, tipo, morto.
Vani, a quel punto, si ritrova senza odiosi romanzi da scrivere e con una spina nel fianco – la più fastidiosa – in meno. Ma è il fatto è che così Vani non sa starci. Perché anche lei, in fondo in fondo, vuole bene a Enrico. L’eventualità che si sia buttato nella Dora per colpa sua, poi, la disturba parecchio. Insomma, la versione italiana ed edulcorata di Lisbeth Salander scopre di avere una coscienza e le conseguenze di questa scoperta agghiacciante se le devono sorbire Berganza, Riccardo, Antonia (la segretaria di Enrico) e Olga (la stagista tuttofare delle Edizioni L’Erica). In quattro iniziano a lavorare al “caso” di Enrico e questa volta a guidare le indagini è Sarca. Che però lo fa a modo suo: senza curarsi particolarmente delle regole, neanche di quelle previste dal codice della strada. E vi assicuro che in mezzo al traffico di Torino si svolge una delle scene più esilaranti dell’intero romanzo, con le amiche Irma, Laura e Morgana coinvolte nell’ennesima stravaganza della ghostwriter.
«Ma Morgana è un caso raro. Morgana è speciale.»
«Lo è», deve concordare il commissario, che sta ancora osservandomi un po’ pensieroso.
E di nuovo: chissà poi perché.
A proposito di Morgana, è anche grazie a lei che in questo romanzo esce fuori la parte più sensibile ed emotiva di Vani. Lei, che oltre a essere la sua miniatura è anche una delle persone che permettono a Sarca di avere ancora fiducia nell’umanità, tira fuori la parte migliore della sua eroina. Ecco perché in questo capitolo della sua storia Vani sceglie di far fruttare al meglio quelle emozioni che alla fine tanto inutili non sono. Almeno fino a quando le fanno venire voglia di migliorare e proteggere la vita dei suoi amici. E secondo voi quanto ci mette la nostra ghostwriter a capire che volere bene a qualcuno è una grandissima fregatura?
Berganza parla con calma, con la sua voce di tabacco e bourbon. «A volte questo gioco al massacro vale la candela. Se tu non fossi entrata nella cristalleria delle relazioni, adesso non ci saremmo nemmeno io e te.»
Lasciamo a Vani il tempo di sbollire la rabbia e parliamo di chi ha creato uno dei personaggi femminili più interessanti – e fighi – della narrativa degli ultimi anni: Alice Basso. Spesso mi trovo a desiderare che sia la sua penna a darmi voce. E infatti, anche se ormai siamo amiche, invidio Vani Sarca. Tantissimo.

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