L’UNICA COSA CHE VOGLIO (K.I. LYNN)

il
1 agosto 2019

Cari lettori, inizio questa recensione dandovi un aggiornamento sul mio attuale stato d’animo: sono confusa. E devo confessarvi che non c’entrano le mie vicissitudini quotidiane. Questa volta il disordine che ho in testa l’ha creato K.I. Lynn con il suo romanzo “L’unica cosa che voglio”.

L’UNICA COSA CHE VOGLIO
K.I. LYNN
Data pubblicazione: 05.07.2019Editore: Newton Compton Editori Titolo Originale: Welcome to the Cameo Hotel Serie: Serie Breach (#1) Finale: Autoconclusivo Genere: contemporary romance
Trama: Emma Addison tiene gli occhi sul traguardo. Ormai è vicina ad avere la vita che ha sempre desiderato. Ha quasi finito il suo master universitario, il che significa che presto potrà lasciare il suo lavoro al Cameo Hotel, dove fa la receptionist per mantenersi. Dopo tanti sacrifici, finalmente tutto sta andando per il verso giusto ed Emma è pronta a godersi il successo. Finché il signor Gavin Grayson non arriva al Cameo Hotel pronto a sconvolgere tutti i suoi piani. Assecondare un cliente così esigente non sarà per niente semplice...
Sapete, quando immagino un autore in fase di stesura, lo vedo lì che traccia su un foglio bianco la linea narrativa da seguire e rispettare. Bene, ora cercherò di spiegarvi la mia confusione sfruttando proprio quest’immagine iniziale: ho come l’impressione che qualcuno abbia urtato la mano della Lynn, portandola a scarabocchiare su quello stesso foglio. Riuscite a immaginare la scena? È il tipico scherzo che subivate dal vostro compagno di banco: stavate disegnando una retta perfetta e mezzo secondo dopo ecco un piccolo sgorbio.
Se a distanza di anni state avvertendo ancora un mix di delusione e confusione, significa che ci troviamo nello stesso stato d’animo. Ora vi svelo le mie ragioni.
A voler essere precisi, la linea della Lynn presenta più di qualche improvviso scarabocchio. Sembra che a tracciarla sia stato un cardiografo. Funziona così: pensate di aver inquadrato il carattere e la logica dei protagonisti – Emma e Gavin – e poche pagine dopo vi troverete costretti a ricredervi. Ma non una, almeno due, tre, quattro o cinque volte.
A farmi venire il mal di testa, in modo particolare, è il comportamento della protagonista femminile. Emma, così come viene presentata persino nella sinossi del romanzo, è una ragazza di sani principi, che – tra lavoro e studio – fa andare a duemila il cervello praticamente ventiquattro ore su ventiquattro. Poi di colpo sembra spegnerlo quando Gavin inciampa nella sua vita. E si trasforma nello zerbino che rischiava di far capitolare a terra il ragazzo.
Dovevo aver capito male. Doveva essere così. La strana accelerazione del battito quando lo vedevo, le farfalle nello stomaco…Erano solo delle reazioni esagerate del mio corpo, che sentiva e vedeva ciò che voleva sentire e vedere e lo trasformava in qualcosa di seducente.
Intendiamoci: non sto scrivendo che sia impossibile cadere vittime di un colpo di fulmine, ciò che non riesco a concepire, in realtà, è come possa un’attrazione cancellare in poche ore una personalità. Emma, nel giro di un giorno, dalla ragazza ligia alla professionalità si trasforma nella donna che cade ai piedi dell’uomo che le scombussola gli ormoni.
Non voglio neanche entrare nella questione che – sono sicura – solleverebbe qualsiasi lettrice sensibile ai temi dell’emancipazione femminile. Sono convinta che la libertà di una donna si misuri con il “feliciometro”. Per me è semplice: se una donna è felice, significa che si sente libera e realizzata. Che sia al vertice di un’impresa o legata al letto del suo uomo poco importa. In fondo, chi sono io per giudicare? Ecco perché in questa recensione mi limito a commentare la verosimiglianza della storia e della protagonista. D’altronde è questo che sono chiamata a fare. Mi chiedo, quindi, in che modo una donna fedele alla sua integrità professionale possa tradire sé stessa e i suoi principi in meno di ventiquattro ore.
Quant’è credibile una trasformazione così repentina nella brutta copia di Anastasia Steele?
“Dammela”, disse strofinandomi le dita sulla figa. Annuii, e la mia paura aumentò, ma sentii una voglia esplosiva che spazzò via ogni pensiero razionale. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era ad avere Gavin dentro di me.
Non voglio svelarvi altri dettagli di una trama che considero già di per sé poco originale. Permettetemi, però, di essere ripetitiva – e chi ha già letto le mie recensioni lo sa – su una questione in particolare: la volgarità. Ecco, questa davvero non riesco ad accettarla.
Non so quali siano i vostri gusti, ma davanti a descrizioni così dettagliate e poco “edulcorate” non riesco a pensare altro che: “Anche meno”. E mentre leggevo “L’unica cosa che voglio” l’ho ripetuto tra me e me almeno cinquanta volte, maledicendo lo stesso numero di “Sfumature” che hanno ispirato oscenità di questo tipo. E basta, su!
Non appena la punta fu visibile, la ricoprii con le labbra e la lingua. Erano anni che non facevo un pompino ed ero un po’ preoccupata, ma le oscenità che mi stava dicendo mentre lo succhiavo per tutta la sua lunghezza mi incoraggiavano. Facevo roteare la lingua intorno a ogni centimetro che avevo in bocca, assaporando tutto ciò che potevo.
Che poi – mi chiedo – perché non descrivere in modo così fedele alla realtà anche ciò che succede al di fuori degli amplessi? Sembra quasi che, ad amplesso terminato – e vi posso assicurare che non vedrete l’ora che finisca – i protagonisti vengano catapultati dentro a una dimensione fatta di frasi d’amore che neanche il più romantico dei poeti del ‘700. Ma insomma, una via di mezzo?
La Lynn, magari, ha anche provato a seguirne una. Poi, però, come nel caso della linea che tentava di tracciare sul foglio, è caduta vittima di una curva improvvisa.
 [Copia ARC digitale ricevuta dall'editore]
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