Cari lettori, concedetemi questa similitudine per niente azzardata: il nuovo romanzo di Maria Nikolai – “La villa del mercante di cioccolato” – è come uno di quei cioccolatini che peschi a caso dalla ciotola che fa da soprammobile nella casa in cui sei ospite. Se il padrone di casa te ne offre uno, per cortesia ed educazione prendi il primo che ti capita. Ci provi anche a chiedergli di indicarti i vari gusti, ma allo sguardo perso di quello cambi idea e ti affidi al colore della carta e alla forma del cioccolatino. E così ti ritrovi in bocca un cioccolatino al latte, con ripieno di frutto della passione, peperoncino, nocciole, ribes e… cipolle. Seguitemi nella recensione per leggerne delle belle.
LA VILLA DEL MERCANTE DI CIOCCOLATO
MARIA NIKOLAI
Data pubblicazione: 26.09.2019 Editore: Newton Compton Editori Titolo Originale: Die Schokoladenvilla Serie: Standalone Finale: Autoconclusivo Genere: historical romance
Trama: La giovane figlia di un agiato produttore di cioccolato desidera guidare l’impresa di famiglia, ma il padre la pensa diversamente
Stoccarda, 1903. Judith Rothman è la figlia di uno stimato produttore di cioccolato e vive una vita agiata. Trascorre ogni minuto libero nella cioccolateria sperimentando idee creative per nuovi dolci deliziosi. Non vede l’ora, infatti, di prendere finalmente le redini dell’impresa di famiglia. Il padre di Judith però ha ben altri piani per lei, che prevedono un matrimonio molto vantaggioso con un uomo che la figlia non ama, né potrà mai amare… Judith è disperata all’idea di essere costretta a rinunciare al suo sogno, ma l’incontro con Victor Rheinberger, giovane e carismatico ufficiale appena giunto in città, potrebbe cambiare ogni cosa. Riusciranno Judith e Victor a diventare padroni del loro destino? In un’epoca in cui il progresso ha velocizzato le lancette del tempo all’improvviso, l’amore sembra essere un sentimento ormai destinato solo a libri e favole.
Sono in ritardo sulla tabella di marcia, lo so, ma devo ancora decidere se questo romanzo mi sia piaciuto o meno. Intendiamoci, sicuramente la storia di Judith è interessante… proprio come lo sono quelle strane combinazioni che i cioccolatai ci rifilano con la convinzione di aver creato il cioccolatino del secolo. Ma c’è un retrogusto che mi lascia un po’ interdetta.
Dipenderà da quell’ingrediente fin troppo azzardato – la cipolla – che proprio non riesco a mandare giù.
Qual è stato l’azzardo della Nikolai? A mio parere quello di creare una trama fin troppo elaborata. Per carità, è uno sforzo che il più delle volte va premiato, ma forse non nel caso de “La villa del mercante di cioccolato”.
Anche i personaggi: sono troppi.
Sono sincera, ho faticato a ricordare tutti i nomi e diverse volte sono stata costretta a tornare indietro tra le pagine alla ricerca del personaggio perduto. Sono stata poco attenta? Forse, ma a mia discolpa posso dire di essere stata impegnata a lottare, pagina dopo pagina, con quell’infame della noia, che già dopo i primi capitoli faceva capolino da dietro la cover del romanzo.
Sono due bei personaggi e probabilmente mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più su entrambi. Ecco perché rimango perplessa di fronte alla scelta dell’autrice di raccontare tante cose sul contesto, togliendo spazio a quelli che, in teoria, dovrebbero essere i protagonisti del romanzo.
Va bene il tentativo di arricchire la narrazione guardando al quadro generale, ma in questo romanzo mi sembra che si sia un po’ perso il senso della misura.
Cercherò di farvi capire cosa intendo: immaginate di prendere uno smartphone e di inquadrare con la fotocamera Victor e Judith. Ecco, ora provate a pensare a quanto sarebbe stressante se la fotocamera continuasse a mettere a fuoco i due soggetti e poi, subito dopo, a sfocarli.
Credo di aver perso di vista, a un certo punto, il filo narrante dell’intera storia. L’ho ritrovato solo verso la fine, ma nel frattempo sono quasi sicura di aver percorso la strada sbagliata. Insomma, ritornando alla similitudine del cioccolatino: vada per le combinazioni stravaganti…ma attenzione a non coprire del tutto il sapore del cioccolato.
Dipenderà da quell’ingrediente fin troppo azzardato – la cipolla – che proprio non riesco a mandare giù.
Qual è stato l’azzardo della Nikolai? A mio parere quello di creare una trama fin troppo elaborata. Per carità, è uno sforzo che il più delle volte va premiato, ma forse non nel caso de “La villa del mercante di cioccolato”.
Durante il viaggio verso casa il suo smarrimento si trasformò nel consueto spirito combattivo. Nessuno poteva decidere così facilmente della sua vita e del suo futuro. Nemmeno suo padre.Trovo che la linea narrativa di questa storia sia stata interrotta da troppe disgressioni che, invece di renderla più interessante, ne appesantiscono il ritmo. Cerco di essere più chiara: ci sono tanti paragrafi – e persino capitoli – che, una volta letti, ti lasciano con una domanda fissa in mente, della serie: “…e quindi?”.
Anche i personaggi: sono troppi.
Sono sincera, ho faticato a ricordare tutti i nomi e diverse volte sono stata costretta a tornare indietro tra le pagine alla ricerca del personaggio perduto. Sono stata poco attenta? Forse, ma a mia discolpa posso dire di essere stata impegnata a lottare, pagina dopo pagina, con quell’infame della noia, che già dopo i primi capitoli faceva capolino da dietro la cover del romanzo.
Si guardarono negli occhi. Per un attimo lui guardò solo lei e Judith capì che quell’intreccio invisibile, che da giorni, anche settimane, si stava tessendo tra di loro, andava rafforzandosi.Eppure ho resistito. Superata la metà del libro, la storia si fa più interessante. E il merito, neanche a dirlo, è di Judith e Victor.
Sono due bei personaggi e probabilmente mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più su entrambi. Ecco perché rimango perplessa di fronte alla scelta dell’autrice di raccontare tante cose sul contesto, togliendo spazio a quelli che, in teoria, dovrebbero essere i protagonisti del romanzo.
Va bene il tentativo di arricchire la narrazione guardando al quadro generale, ma in questo romanzo mi sembra che si sia un po’ perso il senso della misura.
Cercherò di farvi capire cosa intendo: immaginate di prendere uno smartphone e di inquadrare con la fotocamera Victor e Judith. Ecco, ora provate a pensare a quanto sarebbe stressante se la fotocamera continuasse a mettere a fuoco i due soggetti e poi, subito dopo, a sfocarli.
Chiuse gli occhi e provò piacere per la sua vicinanza, annusò il suo odore. La faceva sentire così bene.Poi ho riflettuto sul titolo - “La villa del mercante di cioccolato” – Die Schokoladenvilla, in lingua originale – e le mie perplessità sono aumentate. Nel senso che questi continui e vani tentativi di messa a fuoco mi hanno confusa.
Credo di aver perso di vista, a un certo punto, il filo narrante dell’intera storia. L’ho ritrovato solo verso la fine, ma nel frattempo sono quasi sicura di aver percorso la strada sbagliata. Insomma, ritornando alla similitudine del cioccolatino: vada per le combinazioni stravaganti…ma attenzione a non coprire del tutto il sapore del cioccolato.
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