CREDEVO FOSSE AMORE (S.BONIZZI)

il
5 aprile 2019
Bentrovati lettori. Oggi vi parlerò di un testo pubblicato in self publishing poco meno di un mese fa. Si tratta di “Credevo fosse amore”, dell’autrice Silvia Bonizzi.
Il titolo e la trama mi avevano incuriosita molto, ma leggendo non ho ritrovato quello spirito che mi aveva spinta alla lettura. L’idea non ha combaciato con la realtà. Chiedo scusa da subito, ma – almeno per me - è impossibile scrivere una recensione su questo libro senza un minimo di spoiler.
Partiamo però da principio.

CREDEVO FOSSE AMORE
SILVIA BONIZZI
Data pubblicazione: 09/03/2019 Editore: Self publishing Serie: standalone Finale: Autoconclusivo Genere: Contemporary romance
Trama: Lei si chiama Lia e ha lo sguardo spezzato, stanco e triste di chi nasconde un vuoto.Cela il colore vivo dei suoi occhi sotto un velo di malinconia. Ma io l’ho vista sorridere, ho visto quegli occhi tornare a brillare e il suo cuore alleggerirsi.No, lei non è una donna come tutte le altre, è il respiro nel quale vorrei perdermi, è il battito che vorrei afferrare e confondere con il mio, è il corpo perfetto e il volto bellissimo di chi porta sul petto il peso di un presente ingombrante. Io sono l’altro. Sono l’uomo che non può scegliere, ma sono anche l’unico in grado di ricostruire i suoi sorrisi distrutti, regalarle il sole in una giornata di pioggia e di stringerle la mano quando il mondo sembra investirla. Non posso prenderla. Non posso toccarla. Non posso raggiungerla.Eppure le mie mani la cercano e i nostri sguardi si scontrano per esplodere come fuochi d’artificio nel cielo più buio. Voglio colorare le sue notti, voglio spazzare via le nuvole con la forza del mio cuore, della mia anima, dei miei respiri. Voglio trattenerla nei miei abbracci e scaldarla durante i lunghi inverni. Voglio la mia splendida creatura.Non sono un angelo, ma so alleviare le sue ferite. Non sono perfetto, ma lo divento nell’istante in cui le sue dita si intrecciano alle mie. Lei non lo sa, ma quello sguardo spento quando si scontra con il mio diviene vivo, intenso, palpitante. Perché quello sguardo, dal nostro primo incontro, mi appartiene.
Lia è un’insegnante di storia dell’arte che ama il suo lavoro. È una persona attiva ed è sposata con il suo primo amore. Entrambi hanno trent’anni, stanno insieme da quando ne avevano 18 e nessuno dei due ha mai avuto un’altra persona accanto. Sono loro, solo loro.
Noi siamo stati creati come un’unica entità, non esistiamo separatamente.
Non vi dirò il nome di suo marito, e non vi svelerò molto sulla trama, capirete perché qualora decideste di leggerlo.
Posso dirvi che la loro, vista dall’esterno, sembra una storia perfetta, anche se il carattere di lui risulta immediatamente chiaro e già dalle prime pagine, anche se avrete subito una piccola sorpresa.
In generale, vi dico però che è una storia che vi metterà davanti a una realtà purtroppo attuale per molte donne; una narrazione in cui l’autrice fornisce dettagli psicologici contrastanti, tipici di chi vive quel tipo di situazione.
È un testo che mi ha scatenato diverse emozioni, tra cui rabbia, frustrazione e, in molti aspetti, incredulità.
Qualcosa nel complesso però non ha funzionato, secondo il mio punto di vista. Non ho apprezzato la discrepanza tra le scene vivide e realistiche e i comportamenti talvolta assurdi rispetto a quelle scene, soprattutto nelle reazioni della famiglia di lei.
Molte azioni possono essere giustificate dalla delicata relazione di Lia, ma altre proprio non sono riuscita a capirle. C’è da dire che l’autrice ha messo molta carne al fuoco, forse troppa. Moltissimi sono i personaggi coinvolti, ma l’unico personaggio davvero coerente, è la punta del triangolo.
Il mio corpo reagisce al suo ogni volta, non rispetta nessun comando della mia mente, solo un primordiale magnetismo che mi rende totalmente inerme.
Lia si troverà a lottare molte battaglie contemporaneamente: dalla realtà domestica in cui si trova, allo sconvolgimento emotivo dato dal non riconoscersi, dal sentirsi diversa ai dubbi che l’attanaglieranno circa la sua moralità e i suoi doveri.
Insomma, c’è una gran confusione, che si avverte nitidamente. E Lia non sarà la sola ad essere confusa.
Sono dispiaciuta, perché le intenzioni dell’autrice erano sicuramente buone. Si è presa una bella gatta da pelare con il tema che ha scelto, ma lo svolgimento, le reazioni dei personaggi, non mi hanno convinta.
Ho apprezzato il pov alternato, che mi ha coinvolta certamente più di una narrazione unilaterale, ma ho avuto comunque difficoltà ad arrivare alla fine del testo. Molti passaggi non scorrono, alcuni eventi mi hanno fatto sgranare gli occhi e non ho apprezzato per niente “l’entrata in scena” della gravidanza, né della sua risoluzione o, tantomeno, i pensieri di Lia a riguardo, perché - e mi spiace fare spoiler - ma non mi è assolutamente piaciuto quel che Lia avrebbe scelto per il suo bambino. Tutte le attenuanti del caso, per carità, ma sarebbe stato più realistico che Lia prendesse coscienza sul da farsi proprio grazie alla gravidanza.
Bugie, allontanamenti e poi, sempre fare un passo indietro e il tornare a casa.
Insomma, una lettura che mi ha lasciato non poche perplessità.
Quando la distinzione tra giusto e sbagliato è troppo sfocata per essere compresa, tutto ciò che un essere umano può fare è affidarsi all’istinto.

[Copia arc digitale ricevuta dall'autrice]
Scrivi il primo commento!
Posta un commento