BABY. GIRL (A. CARLAN)

il
4 agosto 2020
Bentrovati lettori! La Carlan è tornata; dopo la “Trinity series”, inizia una nuova avventura che ha come epicentro i membri di un club di motociclisti.
I motociclisti a stemma “Hero’s Pride Motorcycle Club” avranno retto il paragone con i protagonisti della vecchia serie? Seguitemi nella recensione del primo volume e lo scoprirete!

BABY. GIRL
AUDREY CARLAN
Data pubblicazione: 02.07.2020 Editore: Newton Compton Editori Titolo Originale: Biker Babe Serie: Biker beauties series (#1) Finale: Autoconclusivo Genere: contemporary romance
Trama: Al club, tutti mi chiamano "Principessa". Ma io non sono una ragazzina sdolcinata: odio il rosa, disprezzo regali come fiori e cioccolatini e le passeggiate in spiaggia mi annoiano almeno quanto le cene a lume di candela. Sono uno spirito libero. Adoro divertirmi e passare le notti in sella a una moto. Amo sentire il vento tra i capelli e vedere la strada davanti a me: sono nata motociclista e morirò motociclista. Non ho intenzione di lasciarmi domare da un uomo senza dargli del filo da torcere, ma... se arrivasse qualcuno in grado di farlo, sarei sua per sempre. Una compagna per la vita, nel bene e nel male. Quando ho aperto il mio negozio - che ovviamente si chiama Biker Babe - non avrei mai pensato di incontrare un uomo talmente sexy da lasciarmi a bocca aperta. Si chiama Taggart "Rex" Crawford, e l'ho desiderato dal primo momento in cui l'ho visto. C'è solo un piccolo problema: mio padre è il presidente del club motociclistico Hero's Pride, e Rex è appena diventato il suo nuovo vice. E nel nostro club, tutti sanno che la figlia del capo non si tocca.
Ho preso in carico questa lettura proprio perché il modo di scrivere della Carlan mi aveva catturata.
Quando ho avuto in mano l’e-book e ho guardato l’indice ho avuto qualche perplessità vedendo che si trattava di una storia di soli undici capitoli, ma il pregiudizio, si sa, troppo spesso inganna e quindi mi sono lanciata nella storia. Ahimè troppo presto mi sono resa conto che le cose erano molto diverse da come me le aspettavo e l’entusiasmo ha subito una forte frenata.
Molte le ripetizioni sin dalle prime pagine; termini ridondanti e semplicistici, personaggi che sembrano disegnati da un bambino, un colpo di fulmine decisamente irreale – non tanto per la passione che esplode, ma perché si parla di amore e appartenenza a una velocità decisamente elevata anche per una storia inventata.
Tutta la narrazione in realtà corre neanche fossimo in pista: i contorni sfumati, le scene che si susseguono in maniera talmente repentina da impedire al lettore di entrare in empatia con i personaggi. Le scene di sesso, il linguaggio utilizzato – a tratti da barzelletta – non hanno fatto altro che aumentare il nervosismo e la frustrazione (perlomeno su di me) perché, mancando in toto il coinvolgimento emotivo. Non erano altro che il mero racconto meccanico di due corpi che entrano in contatto e per carità, va benissimo, ma quello che va meno bene è che i personaggi parlino di un sentimento profondo come l’amore, che però non traspare minimamente nei loro dialoghi, né dai loro gesti.
«Baby, non credo sarò mai in grado di prendere questo mammut in bocca. Ad essere sincera, ho paura che non entrerà da nessuna parte.»
Dalla trama mi aspettavo una storia molto più complessa e visto che “tutti sanno che la figlia del capo non si tocca” credevo che il protagonista maschile avrebbe dovuto affrontare maggiori difficoltà per poter vivere la sua storia con Shay.
Quello che davvero mi dispiace è che gli elementi per una storia coinvolgente c’erano tutti ma non sono stati sviluppati adeguatamente, sotto nessun punto di vista… Dai dialoghi, alla costruzione dei personaggi, alla solidità della trama, agli intrecci.
«Stringo i denti, guardando tutto quello che ho sempre voluto in una donna ma non sono autorizzato ad avere. La cazzo di figlia del presidente. Non c’è niente di più sacro nel club.»
Un aspetto sicuramente positivo e originale è proprio il club di motociclisti, diverso dalla concezione a cui siamo abituati: ci sono gli immancabili giubbotti di pelle e le personalità un tantino da cavernicoli, ma questo club odia e combatte la delinquenza; non solo non la pratica, ma collabora con le autorità per tenerla a freno e buttare fuori dallo Stato i personaggi più scomodi.
«L’accordo con il branco è che tutti quanti devono in qualche modo servire la comunità o il Paese. Che si tratti di esercito, un ramo del servizio civile, i pompieri, i medici o su, lunga la catena del governo. È la regola principale per entrare nel Club. Servire. E da qui, il nome Hero’s Pride.»
Nonostante il pov sia in prima persona – sono Shay e Rex ad alternarsi nella narrazione – le cose non hanno funzionato. Manca adrenalina, suspense (legata non solo alla legittimità del rapporto tra i protagonisti, ma anche per la motivazione che porta Rex a Grants Pass); insomma, se dovessi consigliarvelo non lo farei.
«L’ho leccata. L’ho scopata. Adesso devo essere onesto con lei.»
Leggerò comunque il prossimo volume della serie (Baby. Love – pubblicato il 23 luglio), per vederci meglio e comprendere se è stato un caso isolato o se davvero lo stile della Carlan sia cambiato.

 [Copia ARC digitale ricevuta dall'editore]
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