[REVIEW PARTY] DIMMI L'AMORE CHE COS'É (C. BERTOD)

il
13 luglio 2020
Cari lettori, alcuni la chiamano ricetta segreta. Altri formula magica. Altri ancora, quelli con la puzza sotto al naso, sovoir faire. Poi ci sono i complottisti – per intenderci quelli che credono anche che la Terra sia piatta e che il 5G ci ucciderà tutti – che vi direbbero di stare attenti perché crea dipendenza e se continuaste a leggerla in loop potreste ritrovarvi appesi a un’antenna per il mobile di quinta generazione, in bilico sulla fine del Mondo, a un passo dal cadere a capofitto nello Spazio. Ma questa volta, ahimè, bisognerebbe dare adito a quei disagiati. Seguitemi nella recensione di “Dimmi l’amore che cos’è” e, giuro, sarò più chiara.

DIMMI L'AMORE CHE COS'É
CECILE BERTOD
Data pubblicazione: 18.06.2020 Editore: Leone Editore Serie: Standalone Finale: Autoconclusivo Genere: chick-lit
Trama: Mable Hope è a un passo dall'esaurimento nervoso: nota più per le sue apparizioni sui calendari universitari che per i suoi successi lavorativi, è alle prese con gli appuntamenti al buio organizzati da suo padre e con gli esami di fine anno. In più, c’è l’assegnazione del Premio Michael Moore di cui occuparsi. Un fondo destinato alla ricerca che verrà affidato alla facoltà che presenterà il progetto più interessante. Lei però se ne era completamente dimenticata e non ha neanche uno straccio di relazione da consegnare alla commissione. Così, per non rischiare di perdere la cattedra, prende dal cestino dei rifiuti un mucchio di vecchie lettere mai aperte e le porta in direzione, fingendo che siano sue. Si accorge troppo tardi, però, di aver proposto all’università di finanziare un’assurda ricerca sull’amore. È già convinta che la cacceranno, quando scopre che invece è proprio lei ad aver ricevuto i fondi della Michael Moore, battendo il responsabile del dipartimento di Fisica, l’insopportabile professor Gardner, che quell'anno era sicuro di vincere con la sua teoria sulle stringhe. Ora, Mable ha tre milioni di dollari per scoprire che cos’è l’amore, ma non ha la più pallida idea di come fare. Be’, da dove iniziare? Le serve qualcuno da far innamorare.
Hanno ragione loro, i complottisti: la Bertod crea dipendenza. Un po’ come la Coca-Cola. E cos’hanno in comune Cecile e la Coca-Cola? Che di storie su due poli opposti che si attraggono potreste trovarne a bizzeffe, così come di bevande zuccherine  a base di caffeina. Ma nonostante ciò – se avete buon gusto – saprete sempre riconoscere e apprezzare il sapore della ricetta segreta, della formula magica e del savoir faire di chi è in grado di rendervi dipendente dalla sua abilissima penna… o bevanda.
Prendi il cervello di Einstein, lo trapianti nel corpo di un tenebroso trentenne dallo sguardo magnetico e ottieni un brillante scienziato, con quel pizzico di romance che tiene sveglio il pubblico durante la conferenza sui raggi gamma. Poi non lo so cos’è andato storto. Doveva esserci un satanista nello staff, uno di quelli col pallino per le invocazioni.
La Bertod l’ha architettata proprio bene. La storia di Mable e Stephen, narrativamente parlando, non fa una piega. Insomma, intendo dire che non manca nessuno di quegli elementi che servono a circoscrivere il perimetro di un romance che ha tutto ciò che serve per attirare il lettore. Ma per fare breccia nel cuore di chi legge, si sa, serve qualcosa in più. E “Dimmi l’amore che cos’è” ce l’ha.
Prendendo forse spunto dalla sua protagonista, l’autrice ha messo su una storia che è bella da leggere anche antropologicamente parlando. È un pregio che ha a che fare con cose tipo “leggo e rido a crepapelle perché ‘sta Mable con la testa sta fuori come un balcone”, oppure “leggo e mi rendo conto che sarà pure un po’ (tanto) svitata, ma ‘sta Mable ha ragione marcia”. Che bello quand’è così.
Nei romance al centro della trama ci finiscono sempre le storie d’amore e per carità, va bene. Anzi, direi che sarebbe strano il contrario. Però ecco, il fatto è che un po’ di spazio andrebbe pure riservato a chi quella storia la anima. Che nel caso di “Dimmi l’amore che cos’è” è senza dubbio la ricercatrice più sottostimata del BIT.
No, mi dispiace, non lo so cos’è l’amore, ma inizio a intuire dove sia nascosta la fregatura dell’anima gemella.
Tutto questo ve lo sto scrivendo perché i suoi viaggi mentali mi hanno fatta volare e il mio entusiasmo ha toccato vette altissime. E da lassù, al termine dell’ennesima sfiancante giornata di lavoro, ho preso una grande boccata d’aria. Anche se, nel frattempo, tra le righe di quelle pagine Mable si stava esibendo in un soliloquio che Dio solo sa la Bertod come sia riuscita  a immaginare. Beh, chapeau a entrambe: alla ricercatrice del BIT e alla penna che ha dato voce ai suoi pensieri.
Scavare a fondo nei comportamenti di un personaggio non è affatto facile e se avete dei dubbi a riguardo, provate a pensare a quella volta in cui avete tentato disperatamente di mettervi nei panni dell’altro e avete fallito.
Perché? Chissà? Forse la risposta è solo perché non esiste nulla al mondo che possa far sentire una persona più felice o più infinitamente triste di quello strano, ingarbugliato bisogno che si chiama amore.
Grazie a questa storia –che oltre a essere divertentissima è anche piuttosto educativa – qualcosa in merito all’empatia la imparerete, perché a forza di sbattere la testa addosso alle apparenze, prima o poi capirete che l’unico modo per evitare il trauma cranico è scavalcarle. Prendete Mable: a una così, che si aggira per l’università in shorts e Converse, assegnereste mai un assegno di ricerca da 3 milioni di dollari? Probabilmente no. E – sempre probabilmente – fareste bene. Ma chi vi dice che a Mable interessi davvero qualcosa ricevere un riconoscimento del genere? Nessuno, ve lo dice. L’avete immaginato perché siete convinti che Mable, con i suoi shorts e le sue scarpe appariscenti, voglia tentare l’arrampicata sociale. E invece no, vi sbagliate. Lei sta solo cercando di autoescludersi dalla lista dei ricercatori che quell’assegno lo meriterebbero. Ma per capirlo dovreste mettervi nei suoi panni.
Allora, che dite? Ve la sentite di accettare questa sfida e di scoprire cos’è, nella mente di una ricercatrice con l’autostima sotto le Converse, a far scattare per la prima volta il recettore dell’amore verso sé stessa e verso gli altri?


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