Cari lettori, ognuno ha i suoi vizi. Io, ad esempio, non fumo e…bevo poco. In compenso, però, nei periodi di stress mi attacco ai libri come il più accanito dei fumatori all’ultimo tiro della sigaretta. Ma attenzione: la mia non è una dipendenza. Vale a dire che, sebbene aspetti impaziente la sera per avvolgermi nel piumone in compagnia di un romanzo, non riesco ad accontentarmi del primo libro che mi capita tra le mani. E spesso, delusa, affondo la testa nel cuscino e spero che Morfeo si faccia vivo quanto prima. Quando ho iniziato a leggere il nuovo romanzo di Marion Seals, invece, è stato proprio lui, Morfeo, ad apparire ai piedi del mio letto con un’espressione contrariata stampata in faccia. E quindi mi rivolgo a lui: scusami caro, se ti ho dato buca è per colpa di “La storia che volevamo”.
LA STORIA CHE VOLEVAMO
MARION SEALS
Data pubblicazione: 20.09.2019 Editore: Hope Edizioni Serie: standalone Finale: Autoconclusivo Genere: sport romance
Trama: La cosa che Gregory “Ego” Madden desidera di più nella vita è vincere il campionato con i California Bears, diventare il più famoso wide receiver della storia e riscattare un passato da emarginato. Il suo innato talento potrebbe garantirgli un futuro di successo e denaro, se solo fosse capace di controllare la rabbia che lo divora. La cosa che Dawn Riddle desidera di più nella vita è laurearsi e poi specializzarsi in Paleontologia. Ha sempre preferito la compagnia dei libri a quella dei suoi coetanei e ha potuto frequentare l’università solo grazie a una borsa di studio. Nella sua vita, segnata dal dolore e dalle rinunce, non c’è spazio per niente altro.
A tenermi sveglia tutta la notte è stata la storia di Ego e Dawn. Avete appena letto la sinossi del romanzo e credo di sapere a cosa state pensando: all’apparenza non vi sembra una trama così diversa da tante altre. A questo punto mi vedo costretta a indossare tunica e occhialini e a calarmi nei panni della signorina Rottenmeier: ma davvero osereste fidarvi delle apparenze? Mi preme informarvi del fatto che, in tal caso, sbagliereste. E di grosso. Sport, college e opposti che si attraggono sono temi che facilmente possono indurre al cliché. Ma non in questo caso e non se è Marion Seals a digitare sulla tastiera del pc. Ora vi spiego perché.
Lui e io eravamo due specie diverse che condividevano lo stesso habitat: la prima, carnivora e predatrice, e la seconda senza alcuna difesa.La prima caratteristica dei cliché, si sa, è la scarsa verosimiglianza. Ci sono un giocatore di football bello, popolare e arrogante e una ragazza che, anche per ragioni fisiologiche, alla luce del sole preferisce il buio della sua stanza e del museo dove è impegnata come ricercatrice. E allora vi aspettereste che il ragazzo di cui sopra, per motivi non ben precisati, in un college pieno di ragazze altrettanto belle e popolari, scelga di frequentare la tipa più strana – e probabilmente asociale – del suo studentato. Stando sempre alle vostre previsioni, lei, dopo aver acceso un cero a qualche santo, dovrebbe cadere tra le braccia di lui.
Dawn mi faceva venire in mente una giovane gazzella che fiutava il leone per la prima volta: avvertiva il pericolo, anche se era ben nascosto tra le sterpaglie, e sapeva in cuor suo che c’era qualcosa che doveva fare, solo che non aveva ancora imparato a scappare.I personaggi della Seals, però, agiscono seguendo una logica diversa. E se non fossimo così assuefatti dai cliché, saremmo in grado di riconoscere nei loro comportamenti un certo livello di realismo. Lo stesso che li rende tanto interessanti e mai scontati. Non esistono ragazzi arroganti che, all’improvviso, si trasformano in principi azzurri. E non troverete ragazze timide e insicure pronte a mettersi in bella mostra sotto ai riflettori. Quelli si chiamano miracoli e fanno parte di una storia di gran lunga più antica e fantasiosa.
Era davvero una mosca bianca poggiata sul miele, in un mondo di mosche nere poggiate sulla merda.“La storia che volevamo”, invece, è moderna e vera. Ecco perché mi ha conquistata. Questo romanzo l’ho sfogliato dall’inizio alla fine in una sola notte: le pagine non sono ricoperte di zucchero, ma impregnate di realtà. Ti entrano dentro e lì restano per settimane intere. Ci pensi e ci ripensi e finisci col fare tuoi un po’ della spavalderia di Ego e dell’ottimismo ingiustificato di Dawn.
Non mi ero mai data una vera possibilità e, forse, era giunto il momento di provare a essere come tutti gli altri, provare a essere normale.Dedico le ultime righe della recensione all’autrice. Qualche mese fa, al Rare, decisi di comprare questo romanzo sulla fiducia e oggi mi ritrovo a ringraziare il mio sesto senso. Lo stile della Seals sa tenermi incollata al libro anche dopo una giornata di lavoro e fatica. Come se non bastasse, riesce anche a farmi trovare il coraggio di trascorrere una notte intera a leggere. Io lo chiamo talento, voi?
Scrivi il primo commento!
Posta un commento