L'UNICA COSA CHE CONTA (C. BRENT)

il
3 settembre 2019

Cari lettori, eccomi di nuovo alle prese con i Gentry Boys di Cora Brent. Sto per parlarvi di “L’unica cosa che conta”, il nuovo romanzo dell’autrice statunitense e il terzo che ruota attorno alle vicende dei tre gemelli Gentry. Dopo Cord e Creed, questa è la volta di Chase.

L'UNICA COSA CHE CONTA
CORA BRENT
Data pubblicazione: 31.07.2019 Editore: Newton Compton Editori Titolo Originale: Game Serie: Gentry Boys Series (#3) Finale: Autoconclusivo Genere: Contemporary romance
Trama: La vita di Stephanie è fatta di soldi, scommesse e fogli paga. Ha dovuto badare a sé stessa da quando era bambina, senza nessuno a coprirle le spalle, e si è sempre sentita padrona della sua vita. Almeno fino a quando una delusione non le ha fatto crollare il mondo addosso, rendendola spaventata all'idea di potersi fidare di nuovo di chiunque altro. Chase Gentry non avrebbe mai potuto immaginare di perdere la testa per una come Stephanie. È scostante, fredda e, diversamente da tutte le donne con cui sia mai stato, non cerca di attirare la sua attenzione. Il problema è che non riesce a togliersela dalla testa. Innamorarsi di lei potrebbe essere una scommessa molto rischiosa
Non bisognava avere di certo un Q.I. al di sopra della media per capire quale sarebbe stata la trama del nuovo lavoro della Brent, e non mi riferisco solo ai protagonisti. Sono tre gemelli e tre amiche, quattro dei quali già sistemati: bastava ragionare per esclusione. Ma dopo aver letto i primi due romanzi della serie, anche la storia in sé era abbastanza prevedibile. Seguitemi nella recensione per scoprire perché.
Ve lo assicuro: detesto rimanere legata a un pregiudizio. Essere obiettiva è una fatica che assorbe almeno l’80% delle mie energie. Sempre, in ogni contesto e senza eccezioni. Ecco perché anche con questo terzo romanzo della serie Gentry Boys mi sono sforzata di andare oltre, di cercare di superare – e non badare – a certi aspetti dello stile della Brent che proprio non riesco a concepire. Perché, come ho scritto già nelle altre due precedenti occasioni, non posso fare a meno di sottolineare come in realtà l’autrice sia davvero abile nel suo lavoro. Sono certe sue scelte che non riesco a condividere e capire; tipo quella di calcare la mano con una volgarità che risulta sempre eccessiva e davvero fastidiosa.
Scommetto che si sgrilletta ogni notte pensando al mio uccello. Scommetto che tiene un vibratore enorme sotto il materasso, lo accarezza e pronuncia il mio nome. Dovrà cambiare le batterie una volta a settimana. Forse anche due.
E lo ripeto per l’ennesima – la terza, in realtà – volta: il contesto non giustifica le numerose uscite infelici. Seguite per un attimo il mio ragionamento. Quando scrissi la recensione del primo volume della serie, “Questo nostro amore sbagliato”, vi dissi che Sons of Anarchy è una delle serie tv che ho amato di più in assoluto. Per quanto mi faccia piacere raccontarvi dei miei gusti e della mia vita, il mio intento in quell’occasione era un altro. Volevo farvi capire, infatti, che non sono facilmente impressionabile e adesso approfondisco la questione: leggete bene l’estratto di cui sopra e ditemi se avete mai sentito pronunciare una frase del genere da un personaggio di Sons of Anarchy. Se volete, fate pure il confronto con una qualsiasi serie tv vietata ai minori di 14 anni. Vi do un’anticipazione: la risposta è “no”. E sapete perché non avete trovato e mai troverete nulla del genere? Perché, oltre a essere surreale, lascia che si inneschi la reazione che più di tutte andrebbe evitata. Vale a dire quella dello spettatore che si ritrova a dire: “Anche meno”. E chi avrebbe voglia di annoiare il pubblico per così poco? Nessuno, Cora Brent a parte. Ecco perché, come vi dicevo, continuo a non capirla.
Chase Gentry era meraviglioso: era bellissimo e forte, protettivo e intelligente, divertente e affettuoso, ma riusciva a essere anche testardo e arrogante, esigente e volgare. Non era perfetto.
A un certo punto del romanzo, però, ho trovato queste due frasi.
Le ho rilette almeno quattro volte, con la convinzione di aver trovato una risposta alla domanda che mi pongo da febbraio (mese di uscita del primo volume della serie) e cioè: perché Cora Brent non riesce proprio a fare a meno di fornirci di così tanti dettagli non graditi e battute di cui avremmo potuto benissimo fare a meno? Io, finalmente, penso di averlo capito.
L’autrice non fa altro che sovrapporre continuamente i protagonisti alla storia, fino a confonderli. Ora cercherò di spiegarmi meglio: quando si sceglie il punto di vista dei personaggi come voce narrante della storia si corre sempre un rischio, che è quello di esagerare. Il vantaggio di permettere al lettore di osservare la vicenda dagli occhi del protagonista è quello di concedergli la possibilità di calarsi nel mondo della storia, ma c’è un aspetto che non andrebbe mai dimenticato: il lettore rimane comunque nel suo mondo, quello fatto dei suoi valori e delle sue credenze. E, per quanto possa amare ciò che sta leggendo, non lo abbandonerà mai. Di conseguenza, non smetterà mai di fare caso a tutti quegli aspetti che sono fin troppo lontani dalla sua realtà e si accorgerà, quindi, anche di quelli surreali. Ecco perché bisognerebbe sempre stare attenti a limitare al minimo questi aspetti, al costo di rendere il punto di vista di un protagonista più mite della sua personalità e del contesto in cui si ritrova a vivere.
“Amatevi, ma state attenti a non perdere voi stessi”. Chase doveva aver sentito il leggero brividio di paura, perché mi strinse ancora di più.
Per quanto riguarda, invece, quello che effettivamente accade tra Chase e Stephanie, i due protagonisti, anche qui: siamo più o meno alle solite. Ciò che va detto, però, è che in questo terzo romanzo sembra che la Brent si sia “regolata”. Gli eccessi di volgarità ci sono, ma non sono così numerosi come accadeva nei due libri precedenti. Che abbia finalmente capito la lezione? No, non credo. Non dobbiamo ringraziare il buon senso della Brent, ma quello di Chase. Tra i tre fratelli è quello più dolce e razionale: ecco perché sa darsi un contegno. E c’è anche Steph, senza dubbio la mia preferita tra le tre donne della serie, che sa tenerlo a bada. Per questo motivo ho deciso di assegnare al romanzo il voto più alto della serie. Cora, con te non ho ancora perso le speranze. Credo nel tuo potenziale e spero di cancellare presto questo odioso pregiudizio.

 [Copia ARC digitale ricevuta dall'editore]
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