L'ANIMA DELLA SPADA (V.PIAZZA)

il
27 aprile 2019

Salve lettori! 
Oggi vi parlerò di un piccolo romanzo self italiano, con un’anima giapponese: “L’anima della spada” di Valentina Piazza. È un libro che si legge in fretta, senza pretese eppure non mi ha convinta del tutto.


L'ANIMA DELLA SPADA
VALENTINA PIAZZA
Data pubblicazione: 31/03/2019 Editore: Self publishing Serie: standalone Finale: Autoconclusivo Genere:contemporary romance
Trama: Milano, oggi. Francesca Losi, figlia di un grande esponente dell’aikido in Italia, alla morte di quest’ultimo e per suo volere, acquistò un’antica e preziosa katana giapponese durante un’asta di beneficenza, a Milano. La spada, arrugginita e danneggiata, versava in pessime condizioni ma la ragazza era determinata a riportarla ai suoi antichi splendori, esaudendo così anche l’ultimo desiderio di suo padre. Dopo essersi messa in contatto con il togishi, Kimura Kaito, un noto restauratore di spade, cominciò insieme a lui il restauro della lama. Ogni volta che Francesca poserà la mano sulla katana, questa le parlerà attraverso visioni dominate da una voce di donna, intenzionata a svelare il passato e l’anima della spada… Giappone, XIV secolo. Yamamoto Takeshi, un famoso guerriero, aveva perso la propria katana durante uno scontro e, conoscendo la fama del fabbro Masamune, gli aveva commissionato una nuova arma: la spada Koi, una katana micidiale, dai poteri ultraterreni… “Quando Takeshi, il guerriero, serrò la sua presa su di me, vidi la luce della sua anima...”
Francesca Losi vive a Milano ed è la figlia di un noto esponente dell’aikido, arte marziale giapponese, in Italia. Francesca è ancora scossa dalla morte della madre e dalla separazione dal marito quando perde anche il padre, deceduto per un cancro. Quest’ultimo prima di morire esprime alla figlia, come ultima volontà, il desiderio che lei acquisti a una prossima asta un’antica katana, una spada da samurai di grosso valore. Francesca, seppur restia, per onorare il padre acquista questa spada, ma si ritrova tra le mani una katana ridotta davvero molto male; decide quindi di volerla ripristinare e per farlo si rivolge a un famoso restauratore di spade, Kimura Kaito. Insieme cominciano la ripulitura della lama ma, stranamente, ogni volta che Francesca la tocca, la spada le rivela qualcosa di sé: è l’anima che vuole raccontarle la sua storia.
Attraverso un lungo flashback, Francesca (e noi con lei) torna indietro nel tempo, nel Giappone del XIV secolo per ripercorrere tutta la mitica trama di chi ha posseduto quella katana, il guerriero Yamamoto Takeshi.

È un romanzo in cui, come l’autrice ha specificato nelle note finali, la storia narrata è inventata, ma basata comunque su fatti e leggende giapponesi realmente tramandati e in parte anche accaduti.
La parte concernente l’analessi giapponese è bella, avvincente e ricca d’indizi, note, colori sull’affascinante e mistico mondo nipponico ma forse è troppo incentrata sulla ricostruzione della leggenda e nel riportarne alla luce l’essenza.
Mi sono immersa in un mondo che non conoscevo e ne ho apprezzato le sfumature, ma tutto questo ha lasciato poi poco spazio alla storia del presente. La storia di Francesca e Kaito è in secondo piano rispetto a quella di Takeshi, eppure è Francesca a ricevere quelle visioni, è lei a dover scoprire perché suo padre volesse che avesse quella katana. Francesca riesce nell’intento, del padre, ma di ciò leggiamo davvero troppo poco perché si possano apprezzare tutte le sfaccettature dei sentimenti e delle emozioni scaturite da esso e di chi ne fa beneficio.

Lo stile è troppo semplificato per i miei gusti nonostante invece gli innumerevoli riferimenti giapponesi che a un neofita sono sì spiegati ma, al tempo stesso, sono talmente tanti da dimenticarli. Inoltre c’è una netta distinzione tra i personaggi del presente e i protagonisti del passato: i primi sono semplificati al massimo, poco caratterizzati e caratterizzanti (è anche vero che appaiono sulla scena per così poche battute per cui già è tanto se abbiano avuto modo di parlare); i secondi invece hanno avuto tutto ciò che serviva loro per emergere (dettagli, spiegazioni, atmosfere e descrizioni migliori). Nel tempo di Francesca c’è il minimo indispensabile, l’essenziale ridotto ai minimi termini, nel mondo di Takeshi invece anche del superfluo per cui vi è poco equilibrio tra passato e presente, tra Francesca e la sua vita e Takeshi e la sua spada.
Il passato doveva servire come base su cui far poggiare l’oggi, capire il “prima” per aggiustare il “dopo”, ma nei fatti tutto questo non è per niente enfatizzato.

Francesca deve risollevarsi dopo una rottura, superare un lutto e trovare un nuovo punto di partenza, e la spada con la sua storia precedente sono un ottimo tramite per arrivare a Kaito. Tutto ciò è evidente, ma è quasi lasciato al caso, poco particolareggiato, manca una dettagliata introspezione per cui sembra essere lei, Francesca, a dover motivare la storia della spada e non viceversa. In pratica è il flashback che fa il libro e a mio parere ne ha cambiato completamente lo scopo. Non so se mi sono riuscita a spiegare bene, ma questa è stata la mia percezione durante e dopo la lettura.
“L’anima della spada” è un’occasione in parte mancata perché buona è la rivisitazione di un’antica leggenda in chiave così magica, enfatica e particolareggiata, ma la storia di Francesca dov’è? Perfetto il pathos nel passato, ma nel presente? Non sono quindi rimasta pienamente soddisfatta di quello che ho letto, ma ciò non toglie che resta un libro che si può leggere, ma senza eccessive aspettative.
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