Salve amici lettori!
Vi parlerò oggi di un romanzo la cui trama mi ha intrigato molto ma, di fatto, leggendolo mi ha anche un po’ perplessa; è il libro di Mariafrancesca Venturo, “Sperando che il mondo mi chiami”, edito Longanesi.
Vi parlerò oggi di un romanzo la cui trama mi ha intrigato molto ma, di fatto, leggendolo mi ha anche un po’ perplessa; è il libro di Mariafrancesca Venturo, “Sperando che il mondo mi chiami”, edito Longanesi.
SPERANDO CHE IL MONDO MI CHIAMI
MARIAFRANCESCA VENTURO
Data pubblicazione: 17/01/2019
Editore: Longanesi
Serie: Standalone
Finale: Autoconclusivo
Genere: Contemporary romance
Trama: Carolina Altieri ogni mattina si sveglia all’alba per andare al lavoro. Indossa abiti impeccabili, esce di casa, sale su un autobus e accende il cellulare sperando che una scuola la chiami. Carolina fa il mestiere più bello del mondo, ma è ancora, e non sa per quanto, una maestra supplente, costretta a vivere alla giornata senza poter mai coniugare i verbi al futuro, né per sé né per i suoi allievi. Attraverso ore che scorrono in un continuo presente, scandito solo dalle visite a una tenerissima nonna e dall’amore travolgente e imperfetto per Erasmo, Carolina racconta il rocambolesco mondo della scuola, popolato da pendolari speranzosi e segretarie svogliate, e la sua passione per i bambini, che tra sorrisi impetuosi, inaspettate verità e abbracci improvvisi riescono sempre a sorprenderla e a insegnarle qualcosa.
E sarà proprio questa passione a costringerla a imprimere una svolta alla sua vita eternamente sospesa e a cambiarle il destino.
Sperando che il mondo mi chiami è un romanzo poetico ed emozionante sul sapere affrontare le mille sfide inattese che la vita ci offre.
Carolina è una maestra precaria che tutti i giorni attende una chiamata affinché una scuola le offra una supplenza; in pratica vive sperando che qualche insegnante titolare di una cattedra si ammali.
Essendo poi un’insegnante di terza generazione nella sua famiglia (la nonna per prima ed entrambi i suoi genitori dopo erano insegnanti) si sente quasi in dovere di farcela, ma il mondo del precariato scolastico in Italia non è per nulla una passeggiata di salute, anzi… quasi il contrario.
Le chiamate finalmente a un certo punto arrivano, le scuole prendono contatto con lei come da graduatorie, ma le proposte ovviamente non sono mai definitive e la salute mentale e fisica, un po’ ne risente.
Carolina ha tanti amici che svolgono il suo stesso lavoro, ma pochi le sono davvero cari: Federico, il migliore amico, un single calabrese che ha fatto per troppi anni il pendolare per insegnare a Roma e che adesso ha deciso di stabilirsi in pianta stabile in città per ottimizzare lavoro e salute; Titti, all’anagrafe Mariaconcetta, la migliore amica casertana, pendolare anche lei ma con un marito che la attende a casa. Carolina ha anche un fidanzato, Erasmo, un professore universitario, più grande d’età di lei; lavora a Milano e la distanza li porta a incontrarsi di rado quando egli si trova di passaggio a Roma. Carolina ha quindi una vita sentimentale poco reale, vissuta a pizzichi e bocconi, un po’ per il lavoro, un po’ per la distanza.
È sempre tutto transitorio e ciò alla lunga logora al punto da poter anche rinunciare, se non si trova un’ancora con cui fermarsi.
Un’ottima disamina ma nel modo poco incline alle mie preferenze.
Essendo poi un’insegnante di terza generazione nella sua famiglia (la nonna per prima ed entrambi i suoi genitori dopo erano insegnanti) si sente quasi in dovere di farcela, ma il mondo del precariato scolastico in Italia non è per nulla una passeggiata di salute, anzi… quasi il contrario.
Le chiamate finalmente a un certo punto arrivano, le scuole prendono contatto con lei come da graduatorie, ma le proposte ovviamente non sono mai definitive e la salute mentale e fisica, un po’ ne risente.
Come se il futuro fosse già scritto e a noi spettasse solo il compito di indovinarlo. E il mio futuro? Quale mai potrà essere, il mio futuro?Carolina ama il suo lavoro, ama avere a che fare con i bambini e sebbene non ne abbia ancora di suoi, quelli degli altri, in qualche modo, diventano i suoi durante le lezioni, anche se per poco tempo.
Carolina ha tanti amici che svolgono il suo stesso lavoro, ma pochi le sono davvero cari: Federico, il migliore amico, un single calabrese che ha fatto per troppi anni il pendolare per insegnare a Roma e che adesso ha deciso di stabilirsi in pianta stabile in città per ottimizzare lavoro e salute; Titti, all’anagrafe Mariaconcetta, la migliore amica casertana, pendolare anche lei ma con un marito che la attende a casa. Carolina ha anche un fidanzato, Erasmo, un professore universitario, più grande d’età di lei; lavora a Milano e la distanza li porta a incontrarsi di rado quando egli si trova di passaggio a Roma. Carolina ha quindi una vita sentimentale poco reale, vissuta a pizzichi e bocconi, un po’ per il lavoro, un po’ per la distanza.
Ho bisogno di sapere che ci sono delle opportunità vere, che impegnarmi mi farà conquistare un obiettivo, che il mio lavoro vale più dei punti che accumulo, ho bisogno di sapere che sono utile, che quello che faccio ha un senso, ho bisogno di produrre un’eco che qualcuno coglierà anche se fra tanto tempo.Carolina e tutti gli altri insegnanti lavorano per fare punteggio, per ottenere dei numeri in più che possano metterli su un piedistallo più alto; chi ha un punteggio maggiore ha più possibilità di ottenere una cattedra ma contano davvero solo i numeri? Può essere solo una cifra in più o in meno a renderti meno degna di un posto fisso? Questo si chiede spesso la protagonista e quello che l’autrice ha voluto evidenziare -e giustamente denunciato - senza screditare realmente nessuno. Carolina si da fare anche oltre le sue responsabilità di semplice insegnante: si affeziona ai bambini, li educa e prova ad ascoltarli e, quando deve lasciarli perché la supplenza è terminata, si sente in colpa per non poterli più seguire, così come i bambini non nascondono la sofferenza di dover cambiare nuovamente maestra.
È sempre tutto transitorio e ciò alla lunga logora al punto da poter anche rinunciare, se non si trova un’ancora con cui fermarsi.
C’è un momento in cui la vita ti dà la possibilità di agire e di decidere. E in quel momento bisogna farlo. Come ha fatto Titti. Come fanno tutti. A un certo punto.Il libro della Venturo mi ha dato più l’idea di una sceneggiatura piuttosto che un romanzo, perché leggendo m’immaginavo le scene come se le stessi guardando attraverso una cinepresa; ciò mi è sembrato però allo stesso tempo un difetto perché l’eccessivo utilizzo dei climax ha reso la lettura poco scorrevole, pesante e troppo enfatizzata per i miei gusti. Nel complesso è un ottimo libro per chi è estraneo al mondo del precariato scolastico e vuole saggiarne le difficoltà e i difetti, capirne i meccanismi ed essere solidali con tutti quelli che ogni giorno con fatica, sacrificio e impegno svolgono una professione bellissima, adempiono a una vocazione, che però un sistema burocratico poco equo e indolente, spesso tende a incattivire troppo.
Un’ottima disamina ma nel modo poco incline alle mie preferenze.
Scrivi il primo commento!
Posta un commento